Nel mondo del vino esistono molti falsi miti.
Questi dogmi si sono sviluppati perché, come in tutti gli ambiti in cui si sono susseguite svariate mode, queste ultime hanno lasciato degli strascichi durante il loro passaggio.
È bene, quindi, cercare sempre di informarsi, col fine proprio di sdoganare certi tabù e certi luoghi comuni che conducono, essenzialmente, al non bere bene.
Punto 1 – “Con piatti a base di pesce, si beve vino bianco”
Questo è, in effetti, il più grande dei falsi miti e, come tale, si basa su un fondo di verità: il pesce ha al suo interno delle fibre che, durante la masticazione, vengono facilmente frammentate, perciò non è necessaria, nella nostra bocca, una produzione eccessiva di saliva e di conseguenza non servirà, in abbinamento, un vino con proprietà astringenti (seguendo la legge dell’abbinamento per contrasto).
Effettivamente, la carne rossa trova nel vino rosso tannico un valido alleato, e il pesce bianco, specie se crudo e non condito, trova in un bianco leggero e sapido il giusto sostenitore, ma in tutti gli altri casi è importante non cadere nel tranello e sperimentare abbinamenti diversi.
Punto 2 – “La bollicina va bevuta a inizio pasto”
Anche qui, spezziamo una lancia a favore dell’assunto dicendo che, plausibilmente, spumanti metodo charmat vanno più che bene durante l’attesa dell’antipasto, ma, per quanto riguarda le bollicine metodo classico, eleganti e complesse, come gli Champagne o alcuni Franciacorta, queste si prestano ad accompagnare e ad esaltare l’intero pasto, mostrando notevole versatilità e carattere.
Inoltre sono certa che, durante alcune cene, un po’ di brio in più non può che fare bene ai commensali.
Punto 3 – “I vini rosati sono per le donne”
Escludendo la più banale associazione del colore rosa col genere femminile, nel tempo si è creata l’idea che la donna sia una grande fan di vini facili, leggeri e poco caratteriali.
Partendo dal presupposto che queste tre caratteristiche si adattano difficilmente ai rosati del panorama enologico italiano, questa affermazione non può essere più sbagliata: il genere, qualunque esso sia, non crea preferenze, a crearle, semmai, sono il gusto e lo studio.
Punto 4 – “Il vino naturale puzza”
Trovo poco credibile che si riesca a comprendere cosa realmente identifichi l’aggettivo naturale, ma, se lo si associa correttamente con un concetto di artigianalità, di territorialità, di bassissima invasività in pianta e in vigna, di rispetto per l’autoctonia e di l’amore per una bevanda così meravigliosa, allora il problema si presenta nella seconda parte dell’assunto.
Ho sentito persone ordinare “hai qualche vino puzzone?” il che, di per sé, sembra un ossimoro.
Il vino ha odori, non puzze. Se ciò che si ha nel calice puzza, probabilmente, c’è un problema.
Nel caso di vini creati senza aggiunta di additivi, la probabilità che possano crearsi piccoli problemi, durante i processi di vinificazione, di imbottigliamento o di trasposto, è alta; l’unico modo per evitare che si manifestino è la meticolosità.
Lavorare in vigna con il doppio delle attenzioni e del rispetto, essere scrupolosi in cantina, rispettare pazientemente i tempi di ogni processo, ed essere estremamente sinceri con sé stessi e con i consumatori.
Per evitare di cadere in questi tranelli bisogna imparare a mettere in discussione le proprie convinzioni e a non ragionare per compartimenti stagni.
Assaggiare, studiare e confrontarsi sono le tre chiavi indispensabili per non restare incastrati nelle ragnatele che le mode enologiche tessono e hanno tessuto nel tempo.
Ilaria Giardini
Tenuta Liliana Staff